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Le donne che si sposano devono lasciare l'Istituto

Le donne che lavoravano per l'Istituto di assicurazione infortuni erano di giovane età. Nei primi anni di attività venivano spesso chiamate «ragazze» o «signorine». Per un motivo molto semplice: se un'impiegata femminile si sposava, doveva lasciare l'impresa. Così recitavano i regolamenti del personale fino al 1972. Questi erano i tempi.

Indice

      L'età media delle impiegate femminili riportata sulla prima lista del personale dell'Istituto del 1913 era di 20,5 anni, mentre quella degli uomini era di 30,3 anni.

      Il personale era di regola di giovane età. Dopo l'avvio ufficiale delle attività, oltre i tre quarti delle 458 persone, di cui 110 donne, che figuravano sulla lista paga avevano meno di 32 anni.

      Se si considerano le condizioni di assunzione dell'epoca si capisce perché non figurano praticamente donne di età superiore ai 25 anni nel mondo del lavoro e perché nel 1918 solo 7 sulle 110 donne assunte nell'Istituto di assicurazione avevano più di 32 e nessuna più di 42 anni: le donne che si sposavano dovevano lasciare l'Istituto.

      Durante la deliberazione del 13 settembre 1917 concernente le condizioni di assunzione, questa norma diede adito a discussioni molto accese nel Consiglio di amministrazione. 

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      Herman Greulich, leader sindacale e fautore dei diritti delle donne, si oppose recisamente all'esclusione generalizzata delle donne sposate. Egli riteneva che «in alcuni casi ciò può dare adito a ingiustizie».

      Le due donne nel Consiglio di amministrazione - Susanne Jeanrenaud e Nina Schmid-Schriber (sposatasi nel 1913) - sottolinearono che le donne erano in grado di svolgere i compiti affidati anche dopo aver contratto matrimonio. Schmid disse che la norma «è più che mai fuori luogo, visto che al giorno d'oggi vi sono sempre più donne obbligate a lavorare».

      Le donne «si stancano prima»

      Karl Bell, sottodirettore dell'Istituto di assicurazione, giustificò la posizione della Direzione affermando che

      «l'esperienza dimostra che le donne sposate non sono in grado di fornire lo stesso rendimento sul lavoro a causa degli obblighi che competono loro in casa e come madri di famiglia. Obblighi prioritari che richiedono un impegno molto grande.»

      Anche Paul Usteri, presidente del Consiglio di amministrazione dell'Istituto, fece ricorso agli stessi argomenti. Egli disse «che nella precedente attività amministrativa ho sempre favorito l'assunzione di personale femminile, anche se l'esperienza insegna che la donna si stanca prima e si assenta più spesso dal lavoro». E quando la donna si sposa, il lavoro in fabbrica o in ufficio «la sottrae ai suoi obblighi più nobili». Inoltre

      «la donna che con il matrimonio ha contratto la sicurezza economica, toglie un posto di lavoro alla sua compagna nubile.»

      L'unico a controbattere da parte del padronato fu Ernst Lang, proprietario di una filanda a Reiden. Disse che nella sua impresa

      «ho constatato che le donne maritate lavorano con maggiore serietà e quindi meglio che molte giovani ragazze.»

      Nella votazione finale venne comunque deciso di dare una formulazione più attenuata – «di regola» – nell'articolo concernente le condizioni di assunzione. Tale attenuazione sparì nelle versioni successive. Nella versione del 1951 si legge: «Il rapporto di assunzione del personale femminile viene sciolto senz'altro quando contraggono matrimonio». A titolo di compensazione sociale e politica, agli uomini che non avevano raggiunto il tetto massimo nella loro classe salariale, si versava un aumento di paga quando si sposavano. Nel 1951 l'aumento era di 500 franchi l'anno, passato più tardi a 1000 franchi.

      Nel 1964 venne inserita una clausola nelle condizioni di assunzione che recitava: «In caso di matrimonio si scioglie il rapporto di lavoro fisso del personale femminile, qualora non sia stato diversamente concordato.» La parità formale venne istituita solo nel 1972, un anno dopo l'adozione del suffragio femminile a livello federale, con la revisione dell'ordinamento dei funzionari della Confederazione. L'articolo 7 del Regolamento concernente il rapporto di lavoro del personale datato 24 ottobre 1972 recitava: «Per principio il personale femminile è equiparato a quello maschile.»

      Classe di salario per le «impiegate d'ufficio»

      Agli esordi non esisteva di certo parità salariale. Anzi. Il personale femminile venne attribuito a una classe salariale separata, la numero 12, ossia la più bassa: «classe salariale 12, impiegate d'ufficio».

      ««Le impiegate d'ufficio particolarmente qualificate», attribuite alla classe salariale più elevata per le donne, guadagnavano all'incirca quanto gli impiegati d'ufficio meno qualificati o come i «montatori, custodi».»

      Nel 1972 il «Regolamento sui salari del personale» non conteneva più classi di salario per il personale femminile.

      Vantaggi come assicurate

      Le donne godevano di vantaggi rispetto agli uomini in quanto assicurate. Già nei primi disegni risalenti al 1916 concernenti l'assicurazione infortuni professionali si rilevava che, in caso d'infortunio mortale di una donna, venivano versate solo raramente delle prestazioni di rendita per superstiti appunto per il fatto che le donne sposate di regola non lavoravano. Usteri si spinse addirittura a calcolare i premi sulla base della percentuale di donne impiegate nell'impresa.

      L'assicurazione infortuni non professionali prevedeva solo due classi di rischio: uomini e donne. Hermann Häberlin, medico di Zurigo, nel suo intervento nel Consiglio di amministrazione addusse come argomento il comportamento nel tempo libero e il fatto che le donne

      «non si dedicano in particolare al consumo di alcolici che aumenta i rischi.»

      Già il 7 marzo 1916 la Direzione propose al Consiglio di amministrazione di ridurre il tasso di premi per le donne. Le esperienze maturate in Svezia dimostravano che i maschi hanno un comportamento a rischio nel tempo libero molto più marcato delle donne. «Perciò è ingiusto adottare lo stesso tasso di premio per entrambi i sessi e far carico alle donne, che già guadagnano di meno, di una parte degli oneri causati dagli uomini».

      Il 23 marzo vennero proposti e adottati dei tassi che equivalevano a circa due terzi delle tariffe premi degli uomini. Paul Usteri, presidente del Consiglio di amministrazione, avrebbe desiderato una differenza ancora maggiore, perché «i grandi lavori vengono svolti in prevalenza dagli uomini, mentre le donne si occupano dell'economia domestica ». Oppure, per citare la norma che troviamo ancora nel 1988 nel diritto di famiglia svizzero: «Egli sceglie l'abitazione coniugale … essa dirige l'economia domestica.»

      Parità solo nel 1994

      Negli anni Ottanta si cominciò a fare pressione per reclamare il miglioramento della posizione femminile. Le richieste non furono avanzate dagli uomini, ma dalla signora Christiane Brunner, allora presidente del Sindacato svizzero dei servizi pubblici e membro del Consiglio di amministrazione della Suva dal 1983. Nella seduta del Consiglio tenutasi il 6 luglio 1984, la signora Brunner pretese il rispetto del principio di non discriminazione, come sancito nel 1981 dalla norma sulla parità dei sessi nella Costituzione federale.

      Nel 1984, dopo l'entrata in vigore della nuova legge sull'assicurazione contro gli infortuni, il Consiglio di amministrazione deliberò in merito alla nuova tariffa dei premi. Heinz Allenspach, rappresentante del padronato, riassunse con queste parole l'opinione prevalente nel Consiglio di amministrazione: «Se vogliamo interpretare il concetto di parità in questo modo esagerato, … allora dovremmo riconsiderare tutte le disposizioni del regolamento della Suva … ad esempio l'età di pensionamento» . E «non si capisce perché non si debbano attuare differenze dove esistono evidenti differenze di rischio».

      Nel 1986 Christiane Brunner tornò alla carica quando il Consiglio federale, nel suo messaggio sulla «parità di diritti per uomini e donne», annotava che i premi per l'assicurazione malattie e l'assicurazione infortuni non professionali non rispondevano al principio della parità di trattamento». Il Consiglio di amministrazione sostenne le proposte del Consiglio federale, ossia di coordinare l'eventuale modifica del sistema di premi con la revisione dell'assicurazione malattie. Ciò avvenne per l'assicurazione infortuni non professionali con effetto 1° gennaio 1994 e la legge sull'assicurazione malattie del 1994 entrò in vigore nel 1996.

      Immagine iniziale: La sezione premi nell'agenzia circondariale di San Gallo, 1926