1939–2018

Amianto: da prodotto miracoloso a minaccia letale

Cosa si sarebbe dovuto sapere e fare, e quando esattamente? Nel 1990 fu vietato l’utilizzo dell’amianto, ma i pericoli legati a questo materiale vennero a lungo sottovalutati, anche dalla Suva. L'Istituto reagì in tutt'altro modo all'inizio del nuovo millennio, quando le conseguenze tardive legate all'amianto si manifestarono in tutta la loro drammaticità. La Suva prese l'iniziativa, impegnandosi anche nell'individuazione precoce dei futuri pericoli.

Una nevicata di amianto

Nel 1939 si verificarono due episodi contraddittori. Mentre in Svizzera l'amianto venne riconosciuto per la prima volta dalla Suva come causa scatenante di una malattia professionale, a Hollywood continuava a nevicare copiosamente dal cielo della fabbrica dei sogni. Nel musical «Il mago di Oz», Judy Garland (Dorothy) dorme beata in un campo di papaveri e si sveglia sentendo dei fiocchi di neve caderle sul naso. Circondata dai suoi amici, esulta davanti allo spettacolo della candida pioggia bianca. Peccato però che nel celebre musical la neve non era fatta di ghiaccio, bensì di amianto. Più precisamente di crisotilo, detto anche amianto bianco, che presenta una struttura simile a quella dei cristalli di neve.

Una confezione di neve di amianto, USA, intorno al 1940
Pura, bianca e resistente al fuoco. La neve di amianto era uno degli articoli natalizi più venduti negli USA.
Vagone ferroviario spruzzato di amianto
L'amianto floccato era utilizzato per l'isolamento interno dei vagoni ferroviari.

Nel 1939 emerse una contraddizione evidente. Benché fosse già noto che l'amianto provocava l'asbestosi, esso rappresentava la «fibra miracolosa» dell'industria moderna: elastico, resistente al calore e agli agenti chimici, era perfetto per realizzare isolamenti e rivestimenti antincendio e guarnizioni dei freni. Se ne utilizzavano due tipologie: il fibrocemento (Eternit) e l'amianto floccato (ad es. per l'isolamento di vagoni ferroviari).

Il mesotelioma: un pericolo nuovo e sconosciuto

Nel 1939 la situazione non destava particolari preoccupazioni dal punto di vista sanitario. L'asbestosi, malattia polmonare provocata dall'amianto, si manifestava solo in casi eccezionali. In Svizzera, fino alla metà degli anni Sessanta, si registrava meno di un caso all'anno.

Fino ad allora, i medici, le imprese e la Suva si concentrarono sulla lotta contro la silicosi, una pneumoconiosi causata dall’inalazione di polvere di quarzo. La malattia colpiva ogni anno centinaia di lavoratori di imprese minerarie e specializzate nella costruzione di gallerie, di cave di ghiaia e impianti di frantumazione, ma anche di fonderie e fabbriche di ceramica.

A scuotere l'opinione pubblica fu una nuova malattia dovuta all'amianto, il mesotelioma. Chi sviluppava questo tumore maligno a carico della pleura, provocato da fibre di amianto microscopiche, moriva nel giro di pochi mesi. Nel 1967 la Suva registrò il primo caso di mesotelioma.

Come si sviluppa un mesotelioma: la polvere di amianto inalata penetra nel tessuto polmonare e nella pleura attraverso i bronchi. Le cellule immunitarie lì presenti non sono in grado di eliminare le fibre lunghe e sottili, il che provoca un ispessimento e una proliferazione delle cellule mesoteliali della pleura. Il mesotelio è una membrana formata da due strati tra i quali si raccoglie una piccola quantità di liquido che favorisce lo scorrimento dei polmoni all'interno della cassa toracica. Quando si sviluppa un mesotelioma maligno, la pleura si ispessisce e comprime il tessuto polmonare; il tumore si diffonde poi in tutto il corpo tramite la circolazione sanguigna.
Misurazione delle fibre presenti nell'aria sul posto di lavoro, 1998
Pompe leggere portatili aspirano l'aria tramite un filtro antiparticolato, dopodiché la concentrazione di amianto viene misurata con l'ausilio di un microscopio. Questo metodo viene utilizzato sin dagli anni Ottanta.

In seguito la Suva potenziò le proprie risorse e dotazioni tecniche, sia per le analisi di laboratorio che per il controllo delle aziende impegnate nella lavorazione dell'amianto. Nel 1975, inoltre, i valori limite furono innalzati al punto da vietare di fatto l'utilizzo del tipo di amianto più pericoloso, quello floccato.

Amianto blu (crocidolite) osservato allo stereomicroscopio
Fascio di fibre di amianto sfilacciate della lunghezza di circa 4 mm. Tipo di amianto: amianto blu (crocidolite). Immagine allo stereomicroscopio; larghezza = 6 mm.
Amianto bianco (crisotilo) osservato al microscopio polarizzatore
Fibre di amianto della lunghezza di circa 0,5 mm contenute nel legante dell'intonaco. Tipo di amianto: amianto bianco (crisotilo). Immagine al microscopio polarizzatore ottenuta dopo un incenerimento a 450 °C; larghezza = 2,3 mm.

Tra la popolazione cresceva l'inquietudine e si moltiplicavano gli interventi parlamentari e le notizie dei media. Inoltre non si era ancora riusciti a comprendere la gravità dei mesoteliomi, che si manifestano solo a distanza di 15-45 anni dalla prima esposizione all'amianto. Per questo la Suva, sulla base delle conoscenze dell'epoca, manteneva dapprima un atteggiamento prudente riguardo al divieto di utilizzo dell'amianto floccato e rilasciava commenti quali ad esempio «non esistono rischi tali da destare preoccupazioni» (1977), «non si rilevano prevedibili pericoli per la salute» (1984), «nella maggior parte delle aziende l'esposizione del personale all'amianto è decisamente al di sotto dei valori limite ammessi» (1986).

Anche il Consiglio federale non riteneva necessario vietare l'uso dell'amianto, almeno fino al 1990, quando la pressione politica portò a un ripensamento. La Svizzera era comunque uno dei primi Paesi a vietare sia la produzione e l'importazione che l'utilizzo dell'amianto. In seguito all'imposizione del divieto, l'argomento sparì dalla scena politica e mediatica. Almeno per il momento.

Cosa si sapeva sull'amianto

Programma della televisione svizzera tedesca «Menschen–Technik–Wissenschaft», 12 ottobre 1981

Il programma della televisione svizzera tedesca riepiloga le conoscenze dell'epoca in materia di amianto e affronta diversi aspetti, come il progresso tecnico delle misure di sicurezza e la paura della popolazione di ammalarsi di cancro. Nel 1981 il Consiglio federale dichiarò che in Svizzera non era necessario imporre un divieto di utilizzo dell'amianto. Hans Schlegel, medico capo della Suva, mette in guardia dai rischi che si corrono se si affronta la questione con leggerezza e spiega le misure stabilite dalla Suva. Inoltre, promuove l'utilizzo di prodotti alternativi all'amianto.

Programma della televisione svizzera tedesca «Kassensturz», 25 febbraio 1985

In un'intervista, un uomo che ha contratto il mesotelioma dopo aver lavorato con l'amianto racconta la sua storia. Si fa ancora ben poca distinzione tra l'asbestosi e il mesotelioma.

La Suva passa all'azione

Nel 2002 si scatenò un'altra tempesta mediatica. I casi mortali di mesotelioma, tumore maligno che si manifesta a distanza di 15-45 anni dalla prima esposizione all'amianto, erano raddoppiati. Ancora oggi i mesoteliomi mietono circa 120 vittime all'anno; circa 100 di questi decessi sono il risultato di una malattia professionale causata dall'amianto. Oggi, a più di 25 anni dall'introduzione del divieto di utilizzo, l'amianto provoca la metà dei decessi nell'ambito dell'assicurazione contro gli infortuni professionali.

Grafico che mostra i dati relativi all'importazione di amianto e ai casi di mesotelioma dal 1940 al 2040, fonte: statistica degli infortuni LAINF 2014
Dal grafico si evince chiaramente il tempo di latenza, compreso tra i 15 e i 45 anni, tra l'esposizione all'amianto (documentata dalle tonnellate di amianto importate) e la comparsa del mesotelioma (casi di tumore della pleura).

In questa seconda ondata di problemi legati all'amianto, la Suva svolse un ruolo ancora più attivo rispetto agli anni Ottanta e prese finalmente l'iniziativa. Non solo abbassò il valore limite relativo alla concentrazione di fibre di amianto nell'aria a un livello 100 000 volte inferiore a quello del 1953, ma si impegnò attivamente anche sul fronte dell'informazione.

L'attenzione fu rivolta soprattutto agli interventi di bonifica. Ancora oggi tre quarti degli edifici in Svizzera sono stati costruiti prima del 1990, per cui gran parte di essi quasi certamente contiene amianto. Spesso non si sa con certezza dove è presente questo materiale, che veniva utilizzato in 3500-4000 applicazioni diverse, ad esempio nei pannelli truciolari, nei tappetini isolanti, negli intonaci, negli adesivi per giunti e persino nei pannelli in fibra minerale.

Bonifica da amianto all'interno di un edificio
Un intervento di bonifica all'interno di un edificio: l'amianto veniva utilizzato in 3500-4000 applicazioni diverse.
Rimozione di un tetto in Eternit contenente amianto
Per eseguire lavori di bonifica da amianto è obbligatorio adottare le necessarie misure di protezione.

Per le categorie professionali interessate, ad esempio copritetto, falegnami, piastrellisti, fumisti nonché per l'edilizia e il genio civile e l'industria del riciclaggio, sono state definite regole specifiche. È già capitato più volte di dover chiudere un edificio poiché gli operai impegnati nei lavori di ristrutturazione si sono trovati improvvisamente a contatto con l'amianto. È questo il caso del Globus di Zurigo, chiuso nel 2005.

Oltre a promuovere la bonifica degli edifici contenenti amianto, la Suva si impegnò su altri due fronti.

In primo luogo, tramite circolari e appelli rivolti ai medici, si mise alla ricerca delle vittime dell'amianto. Poiché dagli anni Sessanta agli anni Ottanta gli operai italiani in Svizzera erano particolarmente numerosi, la Suva e i sindacati si misero in contatto con i rappresentanti dei lavoratori e l'istituto nazionale italiano di assicurazione.

In secondo luogo fece della diagnosi precoce un cardine delle proprie attività profilattiche e promosse gli esami di tomografia computerizzata nell'ambito della prevenzione nel settore della medicina del lavoro e per i pazienti già colpiti da malattie professionali legate all'amianto.

Tavola rotonda: una soluzione speciale per la Svizzera

Per coordinare l'impegno della Suva e della Confederazione, già nel 2002 fu creata una piattaforma di informazione comune, il Forum Amianto Svizzera (FACH). L'importanza di garantire il coordinamento tra autorità, gruppi di interesse e assicurazioni emerse nel 2014, dopo che la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo emanò una sentenza in cui disciplinava un aspetto fondamentale: nella fattispecie stabilì che i giudici svizzeri, invocando il termine di prescrizione, avevano negato alla vedova di una vittima dell'amianto la possibilità di ottenere un processo equo.

«Ovviamente mia moglie non potrà tornare in vita. Ma il riconoscimento degli errori commessi mi garantisce una sorta di una riparazione morale» Vedovo di una vittima dell'amianto, telegiornale della televisione svizzera tedesca, 3 luglio 2017
Moritz Leuenberger, Alain Berset e Urs Berger presentano i risultati della tavola rotonda, <time>19 dicembre 2016</time>
19 dicembre 2016: l'ex consigliere federale Moritz Leuenberger (a sinistra), il consigliere federale Alain Berset (al centro) e Urs Berger, presidente del «Fondo per le vittime dell'amianto», presentano i risultati della tavola rotonda.

Per garantire un indennizzo anche alle vittime dell'amianto non assoggettate all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, il Consiglio federale adottò una soluzione speciale. Convocò le associazioni delle vittime, le associazioni professionali e le imprese a una tavola rotonda presieduta da Moritz Leuenberger, consigliere federale dal 1995 al 2010, alla quale parteciparono anche la Suva e la Confederazione.

Nel 2017, infine, è nata la fondazione di diritto privato «Fondo per le vittime dell’amianto» (FVA), costituita da associazioni e imprese e finanziata su base volontaria. Il capitale iniziale e le promesse di donazione ammontano rispettivamente a 6 milioni di franchi più altre promesse di donazione.

«Voglio che si prendano le loro responsabilità. Che abbiano il coraggio di chiedere scusa» Appello di una vedova all'ex datore di lavoro del marito scomparso, «Work», giornale di Unia,

Nanoparticelle: la prossima sfida

Dal 2005 la Suva dedica particolare attenzione al tema delle nanotecnologie. Sulla base delle esperienze passate, anche l'istituto si impegna a individuare precocemente eventuali minacce, prima che queste manifestino la propria gravità.

«Vogliamo essere ben preparati, affinché le nanoparticelle non diventino un nuovo motivo di allarme» Dichiarazione di Martin Gschwind sulle future sfide nell'ambito della tutela della salute, aprile 2017
Martin Gschwind, responsabile Divisione tutela della salute sul lavoro, Suva
Martin Gschwind Responsabile Divisione tutela della salute sul lavoro, Suva
Microscopio elettronico a scansione nel laboratorio della «Divisione tutela della salute sul lavoro, Settore analitica» della Suva, 2017
Un'immagine del laboratorio di analisi della Suva: le nanoparticelle vengono esaminate anche con un microscopio elettronico a scansione.

Nel 2009 la Suva presentò un cosiddetto «inventario delle nanoparticelle» nel quale era riportato un elenco delle aziende che utilizzavano le nanoparticelle. All'epoca le aziende erano 600. Nel 2011 la Suva acquistò un innovativo microscopio elettronico a trasmissione che permette di effettuare esami mirati sulle nanoparticelle. Lo strumento, uno dei pochi presenti in Svizzera, viene impiegato anche per analizzare complessi campioni di amianto.

L’amianto rimane un capitolo aperto nella storia della Suva. Se ne parlerà ancora a lungo, alla luce di due considerazioni fondamentali. In primo luogo l’amianto è un chiaro esempio di quanto possa essere imponderabile l'attività assicurativa: le conoscenze scientifiche e l’esperienza, infatti, non ci mettono al riparo da sorprese ed eventi imprevedibili. In secondo luogo le vicende legate all’amianto sono una prova della capacità di apprendimento del sistema. Mentre 100 anni fa tutto iniziò con la prevenzione degli infortuni, oggi non si tratta più solo di impedire, ma anche e soprattutto di anticipare con lungimiranza il verificarsi di tali eventi. Si può quindi affermare che, oggi come nel 1918, solo un impegno congiunto da parte di tutta la comunità può portare a soluzioni realmente soddisfacenti. Questo principio è valido anche per il futuro: un'opera sociale come la Suva potrà sopravvivere e dare buoni risultati solo se la collaborazione tra le parti sociali funzionerà a dovere.

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