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18 aprile 2023 | di Regula Müller

Il reinserimento dopo un infortunio con l'elettricità

Circa 14 anni fa, Roman Pulvermüller è stato vittima di una scossa elettrica sul lavoro. E benché ancora oggi debba a fare i conti con le conseguenze dell'infortunio, sa apprezzare molto più le nuove esperienze.

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      Era un venerdì.Nell'azienda elettrica in cui Roman Pulvermüller (38 anni) lavorava, non si iniziavano mai grandi lavori prima del fine settimana. Quel giorno Pulvermüller doveva sostituire alcune viti di bloccaggio. «Nulla di straordinario», si era detto.Peccato che nel trasformatore circolasse ancora la corrente. È bastato un leggero contatto con due chiavi inglesi perché ricevesse una forte scossa elettrica. E mentre veniva attraversato dalla corrente, Pulvermüller è riuscito ancora a pensare di dover spostare il peso del corpo all'indietro per liberarsi dalla corrente prima di perdere conoscenza. Non sa chi abbia allertato i soccorsi. Ma un pensiero gli balenò chiaro:«Questo non avrebbe mai dovuto accadere».

      «Ci sono giorni in cui gli sguardi delle persone mi pesano.»

      Roman Pulvermüller (38 anni)

      L'amputazione

      In un infortunio con la corrente, i medici possono determinare l'entità del danno solo a distanza di circa due settimane, poiché le ustioni interne possono continuare a diffondersi. Il primario dell'Ospedale universitario di Zurigo dovette preparare Pulvermüller all'eventualità di un'amputazione delle braccia. «Quando questa eventualità divenne realtà per un braccio, mantenni una grande compostezza», ma con la dimissione dalla clinica di riabilitazione Bellikon e il ritorno alla vita quotidiana le difficoltà si moltiplicarono. «Mi sembrava di trovarmi in una nuova casa, molte cose erano diverse», così Pulvermüller descrive il rientro a casa con i genitori. Ancora oggi ci sono giorni in cui fatica ad accettare la situazione e non sopporta gli sguardi delle persone. «Devo stare attento a non nascondermi a causa della protesi».

      La riformazione professionale

      Roman Pulvermüller si è dato da fare con grande determinazione per riconquistare la propria vita, tornando appena possibile alla tavola da snowboard, vedendosi con gli amici e guidando l'auto. «Volevo sentire la vita attorno a me.Questo mi dava al tempo stesso forza e sicurezza». All'inizio c'è stato il supporto della famiglia e degli amici, in un secondo momento si è aggiunta l'elaborazione a livello emotivo di quanto gli era accaduto.

      Per tutta una serie di motivi Pulvermüller non poteva tornare all'occupazione di prima. Nel programma di reinserimento dell'AI non c'era un settore di attività che lo attirasse veramente. «Tuttavia, già prima dell'infortunio avevo iniziato ad appassionarmi di fotografia», racconta. «Così mi si presentò l'opportunità di svolgere un corso». Pulvermüller ha frequentato un corso a San Gallo e poi anche un tirocinio. Oggi Pulvermüller lavora come fotografo indipendente.

      Il nuovo inizio

      Roman Pulvermüller non vuole fare confronti tra la vita di prima e quella di adesso. «Servirebbe solo a compiangersi. Mentre so che le cose vanno bene». L'infortunio non è stato soltanto una disgrazia. Ora ha preso il ritmo e oggi può coltivare in vari modi la sua creatività e i suoi interessi.

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